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Dettagli Percorso

Lunghezza

9.5km

Difficoltà

E

Durata

2h 45min

Dislivello +

411m

Dislivello -

411m

Quota di partenza

93m

Quota di arrivo

94m

Quota minima

86m

Quota massima

310m

Agriturismo MACEA

E’ qui che stiamo portando avanti un progetto di valorizzazione del nostro territorio e delle potenzialità viticole di questa area. Sono queste montagne che rendono questo posto così particolare. I nostri vigneti variano dai 150 ai 350 metri ma la conformazione della valle fa si che le precipitazioni siano copiose, le escursioni termiche fortissime in estate, con giornate calde e notti molto fresche.

Qui si producono Olio e Vino, tutti con agricoltura biodinamica

L’olio extra vergine di oliva  di Macea deriva dalle principali cultivar dalla tradizione lucchese: frantoio, leccio e  maurino.
In alcune annate di particolare qualità si produce anche olio monovarietale.
Le pratiche di conduzione dell’oliveto, la scelta del periodo di raccolta e il metodo di estrazione dell’olio sono tutte tese ad esaltare la freschezza e la qualità del prodotto.

La produzione di vino segue due indirizzi: bianco e rosso “Campo Caturesi”ottenuto da vecchie varietà autoctone ritrovate in vecchi vigneti della Media Val di Serchio  quali Sangiovese, Ciliegiolo, Montanina, Bracciola, Tané. Malvasia Nera. L’altra linea produttiva  riguarda invece l’utilizzo di alcuni vitigni  internazionali quali il Pinot Nero, Pinot Grigio e il Sauvignon Bianco che risaltano le caratteristiche del territorio

Pieve di Cerreto

Storia della Pieve

Sulla sua storia esistono poche certezze e tanti dubbi. Il primo fra tutti è riuscire a stabilire dove era locata la chiesa battesimale rammentata nel 995. Il toponimo “Mozzano” è un po’ vago, perché indica una vasta area che non comprende solo il luogo dove sorge la nostra Pieve, ma anche alcune terre sottostanti. Dopo il Mille, la Pieve  rimane intitolata solamente a S.Giovanni Battista, probabilmente in occasione di una ristrutturazione dovuta alla contessa Matilde di Canossa. Sicuramente al tempo della Contessa la Pieve di Mozzano era la Pieve Vecchia di Cerreto. Da sempre molto fragile nella sua struttura, necessitò nei secoli di vari ed importanti interventi di ristrutturazione, problemi che si sono ripresentati anche ai nostri tempi.

Nel Catalogo degli Estimi della Diocesi di Lucca del 1260, la Pieve è matrice di cinque chiese e di un romitorio. “Ecclesia S.Ylarii de Oneta”, “Ecclesia S.Quirici de Tersona”, “Ecclesia S.Michaelis de Buita”, “Ecclesia S.Maria de Roccha”, “Ecclesia S.Jacobi de Burgo Mozani” ed infine “Heremitorium de Chifenti”.

In questo periodo, purtroppo iniziò anche la sua decadenza. Lo sviluppo edilizio e sociale del fondovalle, compreso il borgo di Cerreto, favorì le altre chiese di Borgo a Mozzano.La popolazione iniziò ad abbandonarla ed inevitabilmente, nella seconda metà del ‘500, rimase privata dei suoi privilegi. I suoi arredi si trasferirono alla nuova Pieve, eretta nel borgo di Cerreto e anch’essa intitolata a S.Giovanni Battista.

[testo ispirato dal sito Il Contado lucchese ]

I giorni nostri

La Pieve non è attualmente visitabile, essendo rimasta chiusa dopo gli episodi di scosse di terremoto del 2013 e tuttora in fase di verifiche strutturali. Noterete infatti i tipici “vetrini” disposti  sia nella corte che sui muri di abside e facciata; pur costantemente monitorate, le pareti presentano numerose crepe e l’architrave della porta ‘ingresso è spezzato, segno di un cedimento strutturale dell’edificio.

Descrizione

La chiesa ha una facciata a capanna spoglia, con un solo portone ed una monofora sopra di esso. Il campanile ha un arcone sotto cui passava una mulattiera. Sopra troviamo una monofora e, ancora più in alto, una bifora, motivi che sono visibili anche posteriormente. La torre è coronata da una ben conservata merlatura. L’ abside semicircolare è decorata con una fila di archetti ciechi in alto e tre monofore; tali decorazioni sono dovute ai cosiddetti “mastri comacini”. Segni distintivi sono il motivo del nastro senza fine – che simboleggia la fede incrollabile – ed il pellegrino col bordone che testimonia i secoli di passaggio di persone

Rocca di Mozzano

Origini

Il borgo della Rocca ha una specifica origine medievale come luogo fortificato a presidio del territorio della valle del Serchio. Come altre “rocche” sorge in un luogo elevato e panoramico, peculiare delle prime fasi dell’incastellamento del XI secolo. Dall’XI secolo il territorio della Rocca finì nell’influenza della famiglia feudale di origine longobarda dei Suffredinghi, attestata dal IX secolo, assieme a molti altri territori della Garfagnana. Le prima attestazione della Rocca come Castello di Mozzano è in una carta del 1027 conservata nell’Archivio Diocesano di Lucca. Qui si elencano  i beni della famiglia dei Suffredinghi: la Rocca appartiene loro assieme al castello del Monte Bargiglio (presso la vicina frazione della Cune). In un contratto del 1122 emerge infine la prima attestazione sicura come Rocha de Mozano. Da qui si ricava anche il nome del signore suffredingo della Rocca: Ildebrando di Sigifredo (1038-1072) nipote di Gherardo II, vescovo di Lucca nel 991.

Le guerre tra Lucca e Pisa del XII secolo

Nelle guerra tra Lucca e Pisa  i Suffredinghi si schierarono a fianco dei pisani contro l’avanzata del comune lucchese. A partire dal 1170 i lucchesi ingaggiarono infatti una serie di guerre per impadronirsi della valle del Serchio e della Versilia. Nel 1171 i lucchesi si impadronirono della Rocca di Mozzano, abbandonata temporaneamente dai Suffredinghi rifugiati nel castello di Fornoli (Bagni di Lucca). Da qui si batterono contro la guarnigione pisana che giungeva dalla Garfagnana. Intimorito dalle vittorie di Lucca in Garfagnana, Raimundo di Guglielmo signore della Rocca di Mozzano, si alleò dapprima con la città lucchese ed inseguito attirò dalla sua parte, dietro versamento di denaro, gli altri nobili alleati sino ad allora con  Pisa. Così dal 1173 i Suffredinghi finirono per stringere un patto militare con Lucca, rinnovato nel 1181, anno della pace fra Lucca e Pisa. Nel 1185 l’imperatore Federico I Barbarossa obbligò il comune di Lucca a riedificare i castelli distrutti durante la guerra con Pisa, fra cui anche quelli di Anchiano e Cune (Bargiglio). Non essendo citato quello della Rocca si suppone che questo non avesse subito danni. La casata nel 1209 rinnovò la fedeltà a Lucca.

Le guerre tra Lucca,Pisa e Firenze del XIII secolo

Nel 1220 Lucca, alleata con Firenze, fu nuovamente in guerra contro Pisa. Le vecchie signorie feudali della Valle del Serchio, nonostante il giuramento di fedeltà, si schierarono ancora con i pisani. Per questo motivo nel 1225 i lucchesi espugnarono dapprima il castello di Anchiano, dove risiedeva un ramo della famiglia longobarda, e nel 1227 sottomisero il castello della Rocca catturando gli ultimi castellani Suffredinghi. I discendenti dell’antica casata longobarda ottennero infine nel 1248 la cittadinanza lucchese, sebbene interdetti alla vita pubblica.

La Repubblica di Lucca

Dopo le vittorie di Lucca nel contado la media valle del Serchio passò alla nascente Repubblica di Lucca e la Rocca passò nel 1272 alla vicaria di Coreglia. Nel 1355 la Rocca insieme a tutta la vicaria entrò a far parte della contea di Coreglia, istituita dall’imperatore Carlo IV, per poi finire nel 1562 sotto la giurisdizione della vicaria di Borgo a Mozzano divenuta poi capoluogo comunale. Nel 1586 la Rocca si dota del suo stato comunitario, perfezionato poi nel 1638.

Ultimo secolo ed epoca moderna

Il borgo della Rocca contava 205 abitanti nel 1832.

Negli anni sessanta del Novecento nei pressi del paese della Rocca fu rinvenuto un fondo di capanna databile tra il III e il II secolo a.C. con resti ceramici di tipo ligure. Nel 1983 sono state inoltre ritrovate alcuni frammenti di anfore greco-italiche sul versante tra il borgo della Rocca e Piano della Rocca, sulla valle del Serchio.

Ponte del Diavolo

Il Ponte della Maddalena è comunemente identificato come “Ponte del Diavolo”. Come molte altre imprese che ai coevi parevano impossibili, la leggenda popolare ne attribuisce la costruzione al diavolo, il quale vien poi truffato in vari modi. La leggenda narra del capo muratore impegnato nella costruzione del Ponte che era molto preoccupato del ritardo accumulato nella stessa opera, date le continue ed impetuose piene del fiume. Una sera preso dalla disperazione cominciò a pronunciare sacrilegi tali da evocare Satana. Allora il Diavolo disse al capomastro che avrebbe completato lui stesso l’opera in una sola notte in cambio della prima anima che avesse attraversato il Ponte. Il capo muratore accettò e la costruzione fu ultimata. Il capomastro, disperato per l’imminenza del pesante tributo al Diavolo, corse dal Parroco del paese, il quale, ascoltata la confessione, escogitò uno stratagemma: fece attraversare il Ponte ad un cane, il Diavolo infuriato per il gesto scaltro lo prese e si buttò nelle acque del fiume senza mai più farsi rivedere. Si racconta inoltre che il cane, un pastore maremmano del tutto bianco, ogni tanto si veda passeggiare sul ponte nelle ultime sere di ottobre che rappresenti il diavolo che ancora cerca l’anima del capocantiere. Si dice anche di poter osservare sul fondo del fiume il corpo pietrificato del povero animale.

Leggende simili si narrano per altri ponti come il Ponte Gobbo sul fiume Trebbia nella località di Bobbio o il Puente del Diablo a Martorell in Spagna.

Ci sono altre versioni che parlano di un maiale che rincorreva una mela in cui il maligno adirato dalla beffa subita, si gettò nel Serchio, aprendo così un varco con gli inferi scatenando un pandemonio tale da lasciare segni sul fondo del fiume e nella mente degli abitanti.

Un altro fatto che porterebbe una giustificazione ulteriore al nome che porta è la storia di Lucida Mansi. La nobildonna lucchese era bella, prestante, potente, ricca e giovane con una tremenda paura per la vecchiaia. Ella faceva di tutto per evitare l’avanzare dell’età: alchimie, viaggi alla ricerca di saggi, fonti mistiche ed altro per non invecchiare. Una mattina, nella sua residenza di Monsagrati a Pescaglia, scoprì che sul suo viso era apparsa una lieve ruga. In preda alla disperazione cominciò a piangere ed urlare. La sera di quello stesso giorno Lucida (o Lucilla) mentre vagava nervosamente per le vie di Borgo a Mozzano, passò presso il Ponte della Maddalena (allora ancora così conosciuto) dove ebbe un incontro con un bellissimo ragazzo il quale le propose trenta anni di giovinezza in cambio della propria anima. La sciagurata accettò. Così Lucida venne portata dal giovane sul punto più alto del Ponte, a quel punto il ragazzo prese le sembianze di Lucifero e staccò l’anima della nobildonna dal suo corpo, gettandola nel Serchio.

[testo tratto da Wikipedia]

Parcheggio Ponte del Diavolo

Questo è anche un ottimo punto fotografico per catturare l’immagine del Ponte riflesso sulle acque del Serchio. Di fronte al parcheggio si trova un Ristoro