webmapp map

Dettagli Percorso

Lunghezza

32.5km

Difficoltà

E

Durata

9h 00min

Dislivello +

1242m

Dislivello -

847m

Quota di partenza

261m

Quota di arrivo

656m

Quota minima

135m

Quota massima

813m

Bagnone

Il territorio ha una morfologia essenzialmente montana, dominata dal crinale appenninico, dove stacca il Monte Sillara. Il borgo infatti si staglia su uno sperone roccioso, immerso in un fitto bosco di pini e querce. Nel Medioevo e in epoche anche più recenti, Bagnone ha avuto una grande importanza grazie alla posizione strategica, essendo alL’incrocio di vie di comunicazione importanti.
A testimonianza di ciò , possiamo trovare a Bagnone numerosi luoghi d’interesse artistico come il castello e la sua Chiesa, la chiesa di San Rocco e la chiesa di Santa Maria, la piazza. Inoltre, le numerosi frazioni ospitano il bellissimo borgo di Castiglion del Terziere con il castello e Treschietto e Iera con gli antichi ruderi dei manieri malaspiniani, luoghi di oscure leggende, Corlaga e Corvarola con i loro palazzi marchionali, la natura di Mochignano, Gabbiana e Pastina. Da visitare anche la pieve dei Santi Ippolito e Cassiano.

[Testo da  www.terredilunigiana.com/bagnone.php ]

Castello Malgrate

Il feudo di Niccolò I Malaspina comprendeva le terre murate di Malgrate e Filetto, i casali di Cunale e Casola e i quattro villaggi di Orturano, Irola, Mocrone e Gragnana[1].Tra i figli del marchese il distretto di Malgrate venne affidato al quadrigenito Bernabò Malaspina ed è a quel tempo che apparve doversi porre la costruzione del castello come anche lo sviluppo del borgo[2]. I discendenti di Bernabò tennero tale dominio per due secoli e mezzo e alternarono momenti di quiete con turbolente vicende determinate specialmente dalle bramosie degli stati di Firenze e di Milano per la supremazia in Lunigiana.

Queste contese resero difficile la sopravvivenza dell’autonomia politica della dinastia dei Bernabò e provocarono preoccupazioni, contrasti coi sudditi, contese coi feudatari vicini ed invasioni. Le maggiori tensioni si ebbero nel XV secolo: durante le guerre tra il duca di Milano Filippo Maria Visconti e la Repubblica di Firenze, già alleata con i Bernabò, questi ultimi tradirono in favore di Milano la repubblica Fiorentina, che con l’aiuto della popolazione ribelle al marchesato occupò il castello per tre anni. Con la pace di Ferrara del 1433 e dopo un atto di sottomissione nei confronti della repubblica i Malaspina ripresero il possesso del loro feudo. Questo fatto provocò il risentimento di Filippo di Milano, tanto che nel 1445 egli fece assalire dalle sue truppe il castello e distruggere le fortificazioni.

Nel 1615 Cesare II, fortemente indebitato e privo di figli maschi, vendette il feudo alla Camera Ducale di Milano che dopo averlo tenuto per ventisei anni e bisognosa di denaro lo rivendette nel 1641 alla nobile famiglia degli Ariberti di Cremona. La famiglia cremonese governò con giustizia e liberalità e in seguito a una revisione della struttura portò alla definitiva trasformazione della fortezza da strumento di guerra a residenza borghese.

Dopo l’estinzione della famiglia degli Ariberti, Malgrate passò nel 1745 ai Freganeschi di Milano, congiunti agli Ariberti per parte delle donne, che ne conservarono il dominio fino all’epoca della Rivoluzione francese. Nel XIX secolo, smantellato e spogliato dei suoi beni, il castello rovinò quasi interamente[2].

Oggi il castello di Malgrate, acquisito al patrimonio dello stato, è stato completamente consolidato e restaurato grazie ai Fondi Strutturali dell’Unione Europea e ai fondi del Progetto Speciale Castelli della Lunigiana.

Architettura
La torre circolare

Il complesso presenta le caratteristiche di una classica fortezza medievale con torre adatta alla difesa piombatoia, mastio centrale e cortina muraria guarnita di merli e camminamenti di ronda. L’ingresso del castello è preceduto da fossato e un ponticello sostituisce un vecchio ponte levatoio.

Le mura trapezoidali sono di epoca post-medievale e sono percorse in tutto il loro perimetro da camminamenti per le guardie e contrafforti con gli archetti. Le mura recingono il nucleo medievale che ha forma planimetrica rettangolare.

La torre, risalente con ogni probabilità al XII secolo, è alta oltre venticinque metri e si trova sul lato ovest del castello. Di forma circolare e affiancata da una costruzione fortificata a pianta rettangolare è dotata di sei vani voltati sovrapposti collegati attraverso botole da scale retrattili, con lo sporto superiore su beccatelli in pietra[4].

Accanto alla torre sorgono i resti di un mastio centrale, residenza del signore feudale, probabilmente su tre piani e con corte interna. Risalgono al XV secolo le grandi feritoie adatte all’uso di armi da lancio come archi e balestre. La porta di accesso al borgo creata da Giuseppe Malaspina nel 1566 è saldata al fianco orientale delle mura del castello.

[testo tratto da wikipedia.it ]

Filattiera

Il nome del capoluogo, derivante dal termine Fulacterion, con il quale i bizantini indicavano le fortificazioni poste a sbarramento dei punti strategici di grande importanza, ne indica chiaramente l’origine nel tempo e i caratteri strutturali.
Il borgo di Filattiera conserva intatto il primo insediamento del XIII sec.,con la chiesa castrense di San Giorgio e la Torre di avvistamento e, perfettamente leggibile, lo sviluppo del borgo dei secoli successivi con il castello malaspiniano, la chiesa, l’antico Ospedale di San Giacomo.

[Fonte: https://www.aptmassacarrara.it ]

Filetto

Le ragioni della sua nascita sono legate all’aspra lotta che nel corso del VI-VII secolo divampò in Lunigiana tra l’esercito bizantino e le orde dei longobardi invasori. In quel periodo venne organizzata una linea difensiva a ridosso dell’appennino per proteggere i porti dell’alto Tirreno, Luni in particolare, dalle milizie barbariche presenti oltre le montagne fin dal 590. E Filetto fu parte essenziale di questa imponente linea di difesa. All’interno di quello che è il borgo attuale è possibile isolare un settore “matrice”, una sorta di quadrilatero di circa sessanta metri di lato ed un unico accesso. Nel corso degli anni oscuri che seguono la caduta dell’impero d’oriente in Italia le strutture del “castrum” furono riadattate a residenza di popolazione che cercava protezione.L’impianto urbanistico originario si dilatò in età medioevale con la costruzione di un settore dalla parte di ponente. Questa nuova “addizione” prosegue l’originario impianto mantenendone le caratteristiche quadrilatere e limitandosi a spostare l’ accesso verso la Magra. Alla vasta area sgombra della piazza, si agganciarono così le strette vie interne di impianto medioevale: i cosidetti borghi voltati, caratteristica costante dei centri storici lunigianesi. Nel corso del XVI secolo la cinta muraria venne prolungata verso oriente e il borgo, che prima si estendeva a lato della strada tra Villafranca e Bagnone, giunse ad inglobare la strada stessa. Nel 1568 vennero erette due porte monumentali e dopo pochi anni i Marchesi Ariberti di Cremona subentrarono come nuovi feudatari ai Malaspina costretti a vendere il feudo di Filetto per debiti contratti con l’imperatore. La definitiva opera di ristrutturazione fu completata con la costruzione prima del palazzo Ariberti e poi del convento dei frati Ospitalieri di San Giovanni di Dio.

Mocrone

Citato già nel 1355 come Mocoronum, forse deve il suo nome al latino “mucrone”, ossia punta, indicando per estensione la lingua di terra o il costone dell’appennino in cui venne fondato.
Il piccolo abitato si snoda lungo una stretta via che dalla piazza porta alla chiesa nuova. Più in alto, non lontano si incontra l’oasi di Nostra Signora di Fatima, recente cappella del 1993 e quindi la piccola chiesa di San Maurizio. Circondata dal cimitero, risale al XIII-XIV secolo ed è costruita in bozze di pietra squadrata.
Mocrone accoglie nella piazza d’entrata un monumento dello scultore Riccardo Rossi dedicato ad Alberico Benedicenti (1866 Mondovì -1961 Mocrone), farmacologo e biologo di fama internazionale. Nei pressi anche la bella casa Benedicenti

[testo tratto da www.terredilunigiana.com ]

Pontremoli

Posta su un pianoro circondato da colli e poi da monti, la cittadina è un piccolo scrigno di memorie artistiche e monumentali: attraversare i suoi ponti medioevali, percorrere il lastricato delle sue vie è anche un modo per viaggiare indietro nel tempo raggiungendo un’epoca mitica, è infatti opinione diffusa tra gli storici quella di riconoscere in Pontremoli la mitica Apua, l’antica capitale dei Liguri-Apuani.
Leggi la storia Pontremoli su logo toscana ovunque bella Toscana Ovunque Bella – Tutte le storie di Pontremoli Pontremoli Tutte le storie di Pontremoli Leggi la storia

Non è per caso infatti che proprio qui, e precisamente nel Castello del Piagnaro, sia ospitato il Museo delle Statue Stele, che raccoglie la bellissima serie di sculture antropomorfe che rappresentano la testimonianza più importante della preistoria lunigianese. Tali opere – misteriose, affascinanti e inserite in un contesto capace di farle risaltare grazie al contrasto tra le statue e le antiche mura del Castello – sono state prodotte in un arco temporale che va dall’Età del rame fino alla romanizzazione. Il significato di questi affascinanti reperti è una questione aperta anche se, secondo la tesi più diffusa, rappresenterebbero divinità maschili e femminili protettrici dei vari aspetti della vita umana.

Tra le principali attrazioni del centro di Pontremoli c’è il Duomo, che progettato nel XVII secolo dal cremonese Alessandro Capra, presenta una pianta a croce latina sormontata da una vasta cupola. L’interno è rischiarato da uno scenografico impianto d’illuminazione alla “ligure” e abbellito da numerosi altari in marmi policromi. Passeggiando per il paese l’attenzione verrà poi certamente catalizzata da quello conosciuto come il Campanone, la torre centrale della cortina di Cazzaguerra, innalzata nel XIV secolo e oggi vero e proprio simbolo della città. La cortina che un tempo divideva l’antica grande piazza centrale (e di cui sono intuibili i resti), venne fatta costruire da Castruccio Castracani degli Antelminelli, per tenere separate le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini, in questo modo confinati in parti diverse della città. Nel 1578 la torre fu trasformata in campanile.

Da segnalare anche il settecentesco Teatro dell’Accademia della Rosa, fatto edificare da venticinque nobili famiglie pontremolesi, che costituisce un tipico esempio di teatro rococò e risulta il più antico della provincia apuana. Meritano una visita anche la Chiesa e Convento di San Francesco (oggi parrocchia dei Santi Giovanni e Colombano). L’interno della basilica è caratterizzato dagli stucchi realizzati nel ‘700 dalla bottega ticinese dei Portugalli e conserva interessanti opere d’arte, tra cui il bassorilievo di Agostino di Duccio raffigurante la Madonna col Bambino, il Coro ligneo realizzato da Luchino da Parma, l’Estasi di San Francesco di Gianbettino Cignaroli e una Crocifissione di Guido Reni. Notevole, appena fuori dal paese, anche la grande Chiesa della Santissima Annunziata, all’interno della quale è presente un bellissimo tempietto in marmi policromi opera da Sansovino.

Pontremoli è un punto di partenza ideale per gli amanti della natura che intendano esplorare le verdi valli della Lunigiana. Percorrendo i tanti sentieri che in questa zona si intrecciano all’ombra di boschi di castagni, cerri e faggi, ci si trova immersi in un vero “paradiso” di frutti del sottobosco e si raggiunge, così, nel silenzio della natura, condizione ideale per godere della bellezza naturalistica di questa regione. Tra i tanti percorsi è particolarmente suggestivo quello lungo il corso del Magra e i suoi affluenti, ricco di notevoli scorci paesaggistici e immerso in una natura incontaminata.

Qualunque gita in Lunigiana non può dirsi pienamente compiuta senza un viaggio tra i ricchi e diversi sapori della tipica cucina di questa storica terra di confine. Pontremoli in particolare è famosa per i testaroli, ma sono molto apprezzati anche i suoi dolci tipici, come gli squisiti amor e la spongata (tradizionale dolce natalizio preparato con noci, nocciole, miele, mandorle, pinoli, cioccolato e canditi). Da non dimenticare nemmeno le torte d’erbi, così come il miele – riconosciuto a livello nazionale con il marchio DOP.

Giaredo Canyon

The Stretti di Giaredo have to be seen to be believed. This protected nature reserve stretches for two kilometres across the border of the Pontremoli and Zeri municipalities, walk in and out of the water as well as swimming through pristine pools hemmed in by naturally multicoloured rock faces.