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Dettagli Percorso

Lunghezza

7.2km

Durata

2h 30min

Dislivello +

493m

Dislivello -

490m

Quota di partenza

1199m

Quota di arrivo

1202m

Quota minima

902m

Quota massima

1221m

Oratorio S.Trinità al Puntato

Ogni paese dell’alta Versilia possiede almeno un’Alpe, dove si trasferivano, dalla primavera all’autunno per coltivarla, gli abitanti con la famiglia e gli armenti. Terrinca ne ha diversi tra cui uno si evidenzia sia per la vastità dei “Loghi”, delle selve, dei prati e il numero rilevante; delle casupole, sia per la presenza della chiesa, fulcro di religiosità e centro reale del villaggio.

In deroga al principio che imponeva di costruire le abitazioni su terreni marginali all’agricoltura, l’Oratorio venne edificato nella zona pianeggiante e più fertile, sottraendola alle colture, all’incrocio delle mulattiere principali, quasi in posizione baricentrica all’alpeggio.

Già prima del 1657, al crocevia formato dalla strada di Puntato, dalla strada vicinale dei colli dei Carpini, dalla via di val Terreno che porta all’Isola Santa, dalla strada della Barca che conduce a col di Favilla, era stata innalzata, per devozione, una edicola da Francesco Bacchelli, il cui bassorilievo marmoreo raffigurava la Madonna del Rosario, il Bambino e S. Giovanni Battista. L’edicola, ancora visibile nel terrilogio del 1810, nel ventesimo secolo venne demolita e la sua Madonna, rimasta murata sulla facciata della sagrestia della chiesa fino ai giorni nostri, dopo il 1973, come tante altre, è stata rubata.

Proprio in questo punto, come ricorda la tozza lapide inserita sopra la porta centrale, venne edificato l’oratorio della S.S. Trinità nel 1679

(testo da www.terrinca.it )

Alpeggio di Puntato

Situata tra i 1000 e i 1100 metri di quota in luogo in  cui convergono i sentieri 11 da Fociomboli e 128 da Tre Fiumi per il Rifugio Del Freo, questa  conca è circondata dai monti Corchia,  Freddone   Pania della Croce e Pizzo delle Saette, che da qui appare nella sua veste più imponente.

Nei secoli passati, e fino agli anni ’80, è stato usato dai pastori della comunità di Terrinca, come testimoniano i vecchi casolari e ruderi della zona ed anche una chiesetta che sorge al centro dell’alpeggio. Alcuni casolari sono stati ristrutturati ed adibiti all’accoglienza di escursionisti e gitanti con posti letto e cucina: la Baita “Il Robbio” che è una piccola azienda agricola, la Baita “Ciampi” e il Rifugio “La Quiete”.

La chiesa del Puntato è dedicata alla SS. Trinità e risale al 1679, vicino c’era una maestà più antica fatta edificare per sua devozione da Francesco Bacchelli con icona marmorea dedicata alla Madonna del Rosario col Bambino e S. Giovani Battista. Dopo lo smantellamento della maestà l’icona fu murata sul muro della chiesa e rubata successivamente nel 1973.

Padule di Fociomboli

Fociomboli è una conca prativa acquitrinosa, situata tra i 1120 e i 1150 metri di quota, che si estende per circa un ettaro al di sopra dell’alpeggio del Puntato ed ai piedi del versante settentrionale del monte Corchia e di quello orientale del monte Freddone.

È circondata dauna faggeta ed è percorsa da rivoli di acqua meteorica che scendono dalle rocce calcaree dei monti che lo circondano. Inoltre il bacino è alimentato anche da sorgenti sotterranee che sgorgano nei punti di contatto tra le rocce calcaree e quelle impermeabili.

Il padule è il residuo di un piccolo lago di origine glaciale che si è mantenuto grazie al fondo impermeabile, prevalentemente formato da dolomia scistosa, che costituisce il suo letto a contrasto con la roccia carsica delle zone circostanti.

In questo modo le acque sono costrette ad affiorare e sul margine settentrionale si forma un piccolo emissario che va a formare il Canale delle Fredde, emissario della Tùrrite Secca che, a sua volta, poi confluisce nel Serchio a Castelnuovo Garfagnana.

Questa Torbiera costituisce l’unico ambiente umido in quota delle Alpi Apuane a contrasto con i numerosi laghetti e acquitrini presenti nel vicino Appennino e di conseguenza essa riveste un notevole interesse ambientalistico. Il padule è, infatti, ricco di rare specie botaniche per lo più neutrofile o leggermente basofile poiché le acque calcaree che alimentano la torbiera neutralizzano l’acidità della stessa. Inoltre i depositi di torba conservano pollini fossili che documentano quali specie botaniche vivessero qua nel periodo glaciale e post-glaciale.

La visita al Padule è un’escursione facile ed è consigliata agli amanti della botanica. L’eccezionalità del biotopo richiederebbe, probabilmente, una maggiore tutela da parte del Parco delle Alpi Apuane.

Chi non conosce la sua esistenza non ha alcuna informazione sul modo di raggiungerla: forse è meglio così poiché evita i danni che qualche male intenzionato potrebbe arrecarle, ma rimane il sospetto che l’importanza reale del Padule sia misconosciuta dagli amministratori.

Le modificazioni ecologiche della zona comportano rischio di perdita di specie rare. I pericoli sono legati al pascolo, per lo più cavalli, e alla frequentazione da parte dei turisti, anche se rispettosi dell’ambiente.

Tana dell’Omo Selvatico

L’ingresso è a 1150 metri, la profondità è 281 metri e lo sviluppo spaziale circa 1400.
La grotta era conosciuta dai valligiani da tempo immemorabile e su di esso avevano creato leggende paurose.
La prima discesa, di poche decine di metri, risale al 1912, una successiva nel 1923 si spinse più avanti, ma solo nel periodo 1929-1930 una spedizione del GSF percorse la grotta per intero.
L’ingresso è un inghiottitoio di dimensioni imponenti nel quale si perde un piccolo corso d’acqua che scende dal Corchia, la grotta consiste in una serie di gallerie e di pozzi.
Il nome deriva da una figura molto diffusa nel folklore locale ed in generale in tutto il mondo.
Peloso, mostruoso, selvaggio ed abitatore di caverne, l’homo selvaticus è un mito che nasce con l’umanità: è il passato ancestrale che non si può dimenticare.
Ad esso si guarda da una parte con nostalgia per quello che si è perduto e dall’altra con disprezzo e senso di superiorità per la civiltà che pensiamo di aver acquisito.
Quindi si guarda ad esso con un misto di paura e di ammirazione ed egli stesso acquista sia valenze positive che negative nell’immaginario collettivo.
Le leggende locali dicono che egli insegnasse ai pastori come utilizzare il latte per fare formaggio e ricotta, ma poi infastidito dalle loro ulteriori richieste se ne tornasse nelle sue grotte.
Comunque altre versioni lo considerano come un essere pericoloso che si aggira per le selve da cui esce per rapire le fanciulle ed è dedito a riti sanguinari e pagani.