Dettagli Percorso
Lunghezza
9.6km
Difficoltà
E
Durata
3h 45min
Dislivello +
837m
Dislivello -
837m
Quota di partenza
706m
Quota di arrivo
706m
Quota minima
539m
Quota massima
998m
Isola Santa
Si tratta di un piccolo paese ormai disabitato, che sorgeva lungo la valle della Turrite Secca a circa 550 m s.l.m.
Fu probabilmente fondato originariamente come ospizio nell’alto medioevo, sulla strada che collegava la Garfagnana alla Versilia. Alcuni scavi condotti dall’Università di Pisa tra il 1976 e il 1977 hanno permesso il ritrovamento di importanti dati archeologici, che testimoniano la presenza di un insediamento all’aperto occupato per molto tempo da gruppi della fase finale del Paleolitico e poi del Mesolitico, che più volte si accamparono in questo luogo .
Questo borgo, fu sacrificato e sommerso come altre zone apuane nel dopo guerra (1949-1950) creando lo sbarramento di acque correnti e costruire bacini artificiali per la produzione di energia elettrica. Il sacrificio fu in parte dovuto al massiccio spopolamento che tutta la montagna aveva già subito in quell’epoca. I pochi abitanti rimasti furono spostati in un nuovo insediamento, poco più a monte sulla strada verso Capanne di Careggine chiamato Isola Santa Ater ( lo vedrete percorrendo la strada che porta a La Ceragetta)
Risultato è che qui si è formato un nuovo paesaggio, con parte del paese sommerso, e parte che si trova oggi sulle sponde di questo invaso artificiale dalle acque cristalline e riflessi verdi.
Spicca l’antica chiesa dedicata a San Jacopo, citata nel 1260 e ormai sconsacrata.
Ad oggi sono state ristrutturate alcune case ad uso residenza estiva, mentre sorgono anche un bar e servizi di ristoro. Una breve passeggiata sulle sponde del lago è possibile sul lato Nord, fino ad ammirare la risorgenza de “La Pollaccia”.
E’ altresì possibile scendere sulla diga ( accesso lungo la strada direzione Castelnuovo Garfagnana) ed ammirare il cospicuo salto (circa 40m) creato come dislivello dallo sbarramento. Da qui inoltre si accede ai sentieri che proseguono irti verso Col di Favilla, Mosceta e Puntato
Isola Santa

Si tratta di un piccolo paese ormai disabitato, che sorgeva lungo la valle della Turrite Secca a circa 550 m s.l.m.
Fu probabilmente fondato originariamente come ospizio nell’alto medioevo, sulla strada che collegava la Garfagnana alla Versilia. Alcuni scavi condotti dall’Università di Pisa tra il 1976 e il 1977 hanno permesso il ritrovamento di importanti dati archeologici, che testimoniano la presenza di un insediamento all’aperto occupato per molto tempo da gruppi della fase finale del Paleolitico e poi del Mesolitico, che più volte si accamparono in questo luogo .
Questo borgo, fu sacrificato e sommerso come altre zone apuane nel dopo guerra (1949-1950) creando lo sbarramento di acque correnti e costruire bacini artificiali per la produzione di energia elettrica. Il sacrificio fu in parte dovuto al massiccio spopolamento che tutta la montagna aveva già subito in quell’epoca. I pochi abitanti rimasti furono spostati in un nuovo insediamento, poco più a monte sulla strada verso Capanne di Careggine chiamato Isola Santa Ater ( lo vedrete percorrendo la strada che porta a La Ceragetta)
Risultato è che qui si è formato un nuovo paesaggio, con parte del paese sommerso, e parte che si trova oggi sulle sponde di questo invaso artificiale dalle acque cristalline e riflessi verdi.
Spicca l’antica chiesa dedicata a San Jacopo, citata nel 1260 e ormai sconsacrata.
Ad oggi sono state ristrutturate alcune case ad uso residenza estiva, mentre sorgono anche un bar e servizi di ristoro. Una breve passeggiata sulle sponde del lago è possibile sul lato Nord, fino ad ammirare la risorgenza de “La Pollaccia”.
E’ altresì possibile scendere sulla diga ( accesso lungo la strada direzione Castelnuovo Garfagnana) ed ammirare il cospicuo salto (circa 40m) creato come dislivello dallo sbarramento. Da qui inoltre si accede ai sentieri che proseguono irti verso Col di Favilla, Mosceta e Puntato
Alpeggio di Puntato
Situata tra i 1000 e i 1100 metri di quota in luogo in cui convergono i sentieri 11 da Fociomboli e 128 da Tre Fiumi per il Rifugio Del Freo, questa conca è circondata dai monti Corchia, Freddone Pania della Croce e Pizzo delle Saette, che da qui appare nella sua veste più imponente.
Nei secoli passati, e fino agli anni ’80, è stato usato dai pastori della comunità di Terrinca, come testimoniano i vecchi casolari e ruderi della zona ed anche una chiesetta che sorge al centro dell’alpeggio. Alcuni casolari sono stati ristrutturati ed adibiti all’accoglienza di escursionisti e gitanti con posti letto e cucina: la Baita “Il Robbio” che è una piccola azienda agricola, la Baita “Ciampi” e il Rifugio “La Quiete”.
La chiesa del Puntato è dedicata alla SS. Trinità e risale al 1679, vicino c’era una maestà più antica fatta edificare per sua devozione da Francesco Bacchelli con icona marmorea dedicata alla Madonna del Rosario col Bambino e S. Giovani Battista. Dopo lo smantellamento della maestà l’icona fu murata sul muro della chiesa e rubata successivamente nel 1973.
Alpeggio di Puntato

Situata tra i 1000 e i 1100 metri di quota in luogo in cui convergono i sentieri 11 da Fociomboli e 128 da Tre Fiumi per il Rifugio Del Freo, questa conca è circondata dai monti Corchia, Freddone Pania della Croce e Pizzo delle Saette, che da qui appare nella sua veste più imponente.
Nei secoli passati, e fino agli anni ’80, è stato usato dai pastori della comunità di Terrinca, come testimoniano i vecchi casolari e ruderi della zona ed anche una chiesetta che sorge al centro dell’alpeggio. Alcuni casolari sono stati ristrutturati ed adibiti all’accoglienza di escursionisti e gitanti con posti letto e cucina: la Baita “Il Robbio” che è una piccola azienda agricola, la Baita “Ciampi” e il Rifugio “La Quiete”.
La chiesa del Puntato è dedicata alla SS. Trinità e risale al 1679, vicino c’era una maestà più antica fatta edificare per sua devozione da Francesco Bacchelli con icona marmorea dedicata alla Madonna del Rosario col Bambino e S. Giovani Battista. Dopo lo smantellamento della maestà l’icona fu murata sul muro della chiesa e rubata successivamente nel 1973.
Oratorio S.Trinità al Puntato
Ogni paese dell’alta Versilia possiede almeno un’Alpe, dove si trasferivano, dalla primavera all’autunno per coltivarla, gli abitanti con la famiglia e gli armenti. Terrinca ne ha diversi tra cui uno si evidenzia sia per la vastità dei “Loghi”, delle selve, dei prati e il numero rilevante; delle casupole, sia per la presenza della chiesa, fulcro di religiosità e centro reale del villaggio.
In deroga al principio che imponeva di costruire le abitazioni su terreni marginali all’agricoltura, l’Oratorio venne edificato nella zona pianeggiante e più fertile, sottraendola alle colture, all’incrocio delle mulattiere principali, quasi in posizione baricentrica all’alpeggio.
Già prima del 1657, al crocevia formato dalla strada di Puntato, dalla strada vicinale dei colli dei Carpini, dalla via di val Terreno che porta all’Isola Santa, dalla strada della Barca che conduce a col di Favilla, era stata innalzata, per devozione, una edicola da Francesco Bacchelli, il cui bassorilievo marmoreo raffigurava la Madonna del Rosario, il Bambino e S. Giovanni Battista. L’edicola, ancora visibile nel terrilogio del 1810, nel ventesimo secolo venne demolita e la sua Madonna, rimasta murata sulla facciata della sagrestia della chiesa fino ai giorni nostri, dopo il 1973, come tante altre, è stata rubata.
Proprio in questo punto, come ricorda la tozza lapide inserita sopra la porta centrale, venne edificato l’oratorio della S.S. Trinità nel 1679
(testo da www.terrinca.it )
Oratorio S.Trinità al Puntato

Ogni paese dell’alta Versilia possiede almeno un’Alpe, dove si trasferivano, dalla primavera all’autunno per coltivarla, gli abitanti con la famiglia e gli armenti. Terrinca ne ha diversi tra cui uno si evidenzia sia per la vastità dei “Loghi”, delle selve, dei prati e il numero rilevante; delle casupole, sia per la presenza della chiesa, fulcro di religiosità e centro reale del villaggio.
In deroga al principio che imponeva di costruire le abitazioni su terreni marginali all’agricoltura, l’Oratorio venne edificato nella zona pianeggiante e più fertile, sottraendola alle colture, all’incrocio delle mulattiere principali, quasi in posizione baricentrica all’alpeggio.
Già prima del 1657, al crocevia formato dalla strada di Puntato, dalla strada vicinale dei colli dei Carpini, dalla via di val Terreno che porta all’Isola Santa, dalla strada della Barca che conduce a col di Favilla, era stata innalzata, per devozione, una edicola da Francesco Bacchelli, il cui bassorilievo marmoreo raffigurava la Madonna del Rosario, il Bambino e S. Giovanni Battista. L’edicola, ancora visibile nel terrilogio del 1810, nel ventesimo secolo venne demolita e la sua Madonna, rimasta murata sulla facciata della sagrestia della chiesa fino ai giorni nostri, dopo il 1973, come tante altre, è stata rubata.
Proprio in questo punto, come ricorda la tozza lapide inserita sopra la porta centrale, venne edificato l’oratorio della S.S. Trinità nel 1679
(testo da www.terrinca.it )
Col di Favilla
Il borgo arroccato deve il suo nome alle scintille prodotte dalle carbonaie, attività assai diffusa in queste zone. Anticamente questa era un’area di alpeggio (come il dirimpettaio “Puntato”) fino dai primi anni del 1600. I pastori vi si stabilirono poi definitivamente intorno al 1880: dapprima costruendo case cosiddette “alla buona” e poi man mano rendendole più ampie e solide utilizzando per i muri la pietra locale e per i tetti lo scisto. Tutta la vita paesana si svolgeva intorno alla chiesa di Sant’Anna (risalente al 1640) che accoglieva fra le sue braccia nuove genti catturate dal conveniente smercio che si stabili lassù, in posizione strategica tra la Garfagnana e la Versilia con numerosi sentieri che permettevano di raggiungerlo. La vita permanente vi è resistita fino agli anni ’60 grazie anche all’impegno dell’ultimo parroco (Don Cosimo, cui è dedicata una lapide sulla facciata della chiesa) intorno al quale si era cementata la rimanente comunità, in via di spospolamento.
Episodio spiacevole quello del 1977 quando l’intero paese fu devastato da episodi di simulazioni paramilitari. Da allora però la comunità erede di Col di Favilla si è ancora più unita, seppur dislocata in differenti luoghi più a valle, e suole ricomporsi con gli eredi ogni anno per il 26 Luglio a celebrare il giorno della patrona S.Anna.
Col di Favilla

Il borgo arroccato deve il suo nome alle scintille prodotte dalle carbonaie, attività assai diffusa in queste zone. Anticamente questa era un’area di alpeggio (come il dirimpettaio “Puntato”) fino dai primi anni del 1600. I pastori vi si stabilirono poi definitivamente intorno al 1880: dapprima costruendo case cosiddette “alla buona” e poi man mano rendendole più ampie e solide utilizzando per i muri la pietra locale e per i tetti lo scisto. Tutta la vita paesana si svolgeva intorno alla chiesa di Sant’Anna (risalente al 1640) che accoglieva fra le sue braccia nuove genti catturate dal conveniente smercio che si stabili lassù, in posizione strategica tra la Garfagnana e la Versilia con numerosi sentieri che permettevano di raggiungerlo. La vita permanente vi è resistita fino agli anni ’60 grazie anche all’impegno dell’ultimo parroco (Don Cosimo, cui è dedicata una lapide sulla facciata della chiesa) intorno al quale si era cementata la rimanente comunità, in via di spospolamento.
Episodio spiacevole quello del 1977 quando l’intero paese fu devastato da episodi di simulazioni paramilitari. Da allora però la comunità erede di Col di Favilla si è ancora più unita, seppur dislocata in differenti luoghi più a valle, e suole ricomporsi con gli eredi ogni anno per il 26 Luglio a celebrare il giorno della patrona S.Anna.